Umidità nelle Murature? Dal Lievito di Birra ai Più Moderni Rimedi Anti-Sali

Pareti degradate da umidità e sali igroscopici: cure e rimedi

L’uso di modificare l’originale composto di sabbia e calce per ottenere intonaci con le proprietà desiderate è antichissimo. Nella storia è stato impiegato di tutto. In particolare formaggio, lievito di birra, pomice, pelo di animali o paglia erano usati per ottenere intonaci macro-porosi dalle proprietà anti-umidità.

E noi oggi come interveniamo per prevenire e curare l’umidità e la contaminazione da sali?

Vediamo in questo articolo le idee che hanno portato allo sviluppo di diversi metodi e prodotti. Infatti gli additivi sono cambiati nel tempo, ma i principi sono sempre gli stessi.

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Curare una parete contaminata da sali in due step

Abbiamo visto nell’articolo precedente (vedi qui) che i sintomi della malattia da sali sono le efflorescenze visibili, anti-estetiche ma innocue macchie biancastre, e le sub-efflorescenze invisibili, altamente distruttive. Come intervenire?

Per un risanamento permanente serve una cura in due passaggi:

  • STEP 1: fermare il degrado eliminando o trattando i sali già presenti;
  • STEP 2: impedire l’ingresso di nuova acqua mediante barriere e areazione.

Esistono diverse cure, ma questo è l’essenziale: se entrambi questi aspetti non sono affrontati la guarigione non sarà completa! Ad esempio, impedire l’ingresso di nuova acqua non risolve la situazione esistente nel muro e i sali, se non rimossi, possono continuare a mantenerlo umido. Al contrario, gli intonaci risananti e i prodotti anti-sali non risolvono il problema senza una barriera alla risalita.

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Step 1: Fermare il degrado da sali

La contaminazione da sali può essere affrontata con due diversi approcci: rimuovere i sali dal muro, oppure mantenere i sali all’interno del muro rendendoli innocui.

1. Primo approccio: dissalare la parete con lavaggi o impacchi

Per molto tempo l’intervento più semplice è stato quello di sciacquare via i sali con acqua deionizzata. Purtroppo questa operazione funziona per piccoli manufatti, ma non per grandi porzioni. Infatti il muro rimane impregnato di acqua e vengono sciolti anche i sali in profondità.

Molto più efficacie è l’impacco, una pasta acquosa che viene stesa sul muro. Si tratta di un metodo puramente fisico, senza uso di prodotti chimici. L’acqua dell’impacco penetra nel substrato, scioglie i cristalli presenti (sub-efflorescenze) e diluisce la soluzione salina già presente. L’impacco inizia ad asciugarsi per evaporazione e risucchia la soluzione salina dal muro grazie alla differenza di capillarità. L’evaporazione prosegue e i cristalli presenti nella soluzione salina precipitano dentro l’impacco, che viene rimosso con dentro i sali estratti.

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Il metodo non è invasivo, il substrato torna allo stato di porosità e traspirabilità originario e non viene creato nuovo materiale. Fino a pochi anni fa gli impacchi erano a base di argille e non erano utilizzabili per restauri edili su larga scala, perché il loro eccessivo ritiro ne causava il distacco. Nel 2002 però è stata brevettata una nuova miscela di cellulosa e terre diatomacee (Cocoon) che ha una minima percentuale di ritiro e si è dimostrata validissima per questo scopo. Ad esempio nel 2006 questo impacco è stato utilizzato per bonificare dai sali di origine marina i 180 mq di facciata della Polveriera Guzman di Orbetello (GR). Il Cocoon è stato sperimentato anche nel restauro artistico, come dimostrano i mosaici della Villa romana del Casale (EN).

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Anche i così detti “intonaci risananti“, o macro-porosi, sono sali-trasportanti. L’idea è sempre di attirare e far evaporare la soluzione salina nello strato di intonaco. Grazie all’uso di additivi sintetici lievitanti e schiumogeni questi intonaci hanno pori più grandi del muro e attirano l’acqua per depressione. I macro-pori però si intasano velocemente (specialmente in assenza di barriera alla risalita) e ogni ulteriore cristallizzazione causa il distacco dell’intonaco. Quindi gli intonaci macro-porosi non sono risolutivi, ma risultano utili se impiegati come intonaci sacrificali (da sostituire una volta intasati).

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2. Secondo approccio: rendere i sali innocui

Un’idea meno efficace dell’impacco è di lasciare i sali nei muri, ma di renderli insolubili applicando sulla superficie converti-sali chimici. Il problema è che, fissando i sali, viene creato nuovo materiale permanente all’interno del muro, che intasa i capillari diminuendone la traspirabilità.

Altra possibilità è impedire la cristallizzazione dei sali mediante impermeabilizzazione della superficie, frenando così l’evaporazione della soluzione salina. Infatti i sali non sono dannosi se rimangono in soluzione (vedi qui l’esempio degli affreschi etruschi trattato nel precedente articolo). Anche in questo caso la traspirabilità della parete viene compromessa. Inoltre, in caso di risalita, la mancanza di evaporazione peggiora la situazione esistente.

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Step 2: Bloccare l’ingresso dell’acqua

Ma non basta agire sui sali, è necessario anche impedire l’ingresso di nuova acqua (e nuovi sali)! In che modo? Gli interventi da effettuare sono due:

  • allontanare l’acqua piovana corrente dalla base del muro;
  • impedire infiltrazioni di acqua con impermeabilizzazioni.

Nelle parti a contatto col terreno (fondazioni, muri contro-terra) le acqua esterne superficiali vanno allontanate mediante drenaggi (trincee, intercapedini areate, scannafossi areati) e l’accesso di acqua per risalita va impedito impermeabilizzando la faccia contro la terra con guaine o speciali intonaci. Nei casi di recupero la barriera alla risalita può essere inserita mediante iniezioni.

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Un’idea molto antica è quella di prevenire la risalita mediante l’areazione preventiva, che permette all’acqua proveniente dal terreno di evaporare prima di entrare nel muro. Negli edifici antichi i pavimenti erano separati dalla terra da uno strato di acciottolato detto vespaio. Perché l’umidità non risalga comunque, il vespaio deve essere areato, in modo che l’acqua evapori, e deve essere prevista anche una barriera alla risalita dell’umidità nei muri di elevazione. Negli edifici nuovi i vespai ventilati igloo rappresentano l’evoluzione della stessa idea. È importante ricordare che anche in questo caso deve sempre essere prevista una barriera per impedire la risalita di umidità!

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Prevenire è meglio che curare

Non ci sono dubbi, il miglior modo per avere un edificio senza problemi di umidità è quello di progettarlo bene, con materiali traspiranti, barriere alla risalita e opportuni sistemi di allontanamento delle acque superficiali. Nei casi in cui si debba intervenire su edifici esistenti o addirittura antichi è bene rivolgersi ad un tecnico esperto per evitare di cadere in trappole commerciali e di effettuare lavori costosi ma purtroppo non risolutivi.

 

IMMAGINI 1: https://lancellottirestauro.com/2016/08/06/riproduzione-di-malte-esistenti-con-formulazione-custom-made-specifica-per-il-restauro-monumentale-storico-ed-archeologico/; 2-3-7: Immagine originale ispirata al testo di Edgardo Pinto Guerra “Risanamento di murature umide e degradate”; 4: http://www.consultingepg.com/polveriera-guzman; 5: http://www.consultingepg.com/lavori-eseguiti/restauro; 6: http://www.edilportale.com/prodotti/tecnova-group/bio-estrattore-di-sali-dannosi/cocoon-westox_2046.html; 8: https://www.ristrutturosicuro.it/coibentazione-isolamento/limportanza-del-vespaio-areato-il-requisito-essenziale-una-vita-salubre-25

Rossella Pignatelli
Rossella Pignatelli

Ingegnere civile col pallino delle dighe e del rock ‘n roll. Da Firenze al Politecnico di Milano, da Berkeley a Pisa alla ricerca di nuove avventure nel mondo delle costruzioni. Nel dubbio sempre avanti.

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