Luis Barragàn: l’umano bisogno di penombra

Il silenzio dell’architettura che si colora di metafisica

luis barragàn

“Ogni opera di architettura che non esprime la serenità è un errore”
Luis Barragàn

Magari, ammirando un tramonto messicano,  sarà avvenuto che Luis Barragàn abbia dato vita alla sua poetica. Infatti  quel desiderio di  quiete, per cui  persino le luci frenetiche della città impongono tranquillità, quel tepore del soggiorno di casa propria, che diventa vitale, in qualsiasi parte del mondo, sono le situazioni tanto ricercate dall’ingegnere.

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Luis Barragàn, dall’osservazione della produzione architettonica della prima metà del ‘900, più attenta al “modulor”, arriva a definire il bisogno di penombra come elemento caratteristico della composizione architettonica stessa. Egli preferiva all’ Espirit Nouveau di Le Corbusier, le illustrazioni di Ferdinand Bac, affascinato dal loro aspetto esoterico e misterioso.

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L’opera: la passione che guida la mano del genio

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Sono state le passioni che hanno mosso il genio del progettista: Casa-Studio diventa totem per tutta l’architettura messicana e mondiale, tanto che nel 1988 viene annoverata tra le opere del patrimonio dell’UNESCO. L’amore per i cavalli consente a Barragàn di fondere assieme natura, colore, piacere di vivere all’aperto e formalismo modernista nel progetto delle Scuderie di San Cristobal. Nella Cappella delle Cappuccine, a Città del Messico, spiccano il misticismo devoto e l’esuberanza dell’artista, demarcati dai tagli di luce che penetrano caldi dalle vetrate.

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Ma Barragàn è anche paesaggista e architetto: dichiarerà, nel momento della consegna del premio Pritzker nel 1976, che la sua è “un’architettura autobiografica”: egli fa del landscape vulcanico messicano un gioiello con i Jardines del Pedregal, in altri casi esalta, con le sue Torri satellite, prismi che si stagliano verso il cielo, strategici punti urbani.

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Casa Gilardi: lo spazio che chiarifica l’animo

La summa del suo percorso itinerante tra atmosfere arabeggianti e religiosi misticismi dalle fragranze mediterranee, è l’abitazione del pubblicista e fotografo Francisco Gilardi. Barragàn accettò l’incarico a ottant’anni, dopo dieci anni di inattività, imponendo tassativamente due condizioni al committente. La prima era che il glicine, presente nel sito, dovesse essere parte integrante del progetto, la seconda era la collocazione della piscina, lì dove avrebbe previsto l’architetto.
Nella zona di San Miguel Chapulter, nel distretto federale del Messico, in uno spazio esiguo di 10×36 metri, sorge, lungo l’asse principale del lotto, la più discussa e sorprendente opera di Luis Barragàn.

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Il fronte principale dell’abitazione, di un rosa acceso, passa quasi inosservato lungo la calle. Il massivo prisma colorato si presenta, a prima vista, quasi sospeso grazie al piccolissimo aggetto che i due piani superiori possiedono rispetto all’ingresso e al garage dai serramenti in legno; una grande bucatura permette di illuminare un ambiente studio, al primo livello.

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Barragàn ha voluto che la zona notte, con i servizi, rimanesse custodita all’interno del blocco rosa, sviluppandosi su primo e secondo livello e prendendo luce da ampie finestre poste sul  retro. L’imponente solido in cui si trovano tali ambienti, si scompone in profondità, arrestandosi nel patio dove il rosa dell’intonaco si mischia al lilla del glicine, tanto difeso dal progettista.

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A questo punto della composizione, Barragàn fa perdere del tutto il soffitto all’ambiente, per riprenderlo solo lungo un canale completamente intriso di giallo che porta all’altro spazio fortemente desiderato da Barragàn, il soggiorno-sala da pranzo.

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Percorrendo il corridoio che porta all’ultimo ambiente del piano terra, è come se si venisse investiti da una forza chiarificatrice che entra dirompente dalla parete rivolta verso il patio da cui, indipendentemente dalla condizione climatica esterna, filtra una luce che riverbera e si infrange sulla gioiosa colorazione gialla di pareti e soffitto.

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Alla fine di questo corridoio, un luogo in cui il silenzio e la quiete hanno trovato collocazione: l’ambiente soggiorno-sala da pranzo. Qui l’arredo più sconvolgente è una piscina, posta nell’angolo estremo della dimora, che prende vita grazie alla luce zenitale proveniente da bucature a soffitto. I raggi luminosi si riflettono su una colonna (non strutturale) rosso sangue, piantata all’interno dello stesso specchio d’acqua, che, nel momento in cui lambisce le pareti perimetrali, le tinge di azzurro. Il soggiorno-sala da pranzo vive grazie al riflesso della luce sull’acqua, come se fosse la stessa a dar vita all’intero ambiente, nel silenzio monastico della penombra. Luis Barragàn trova, così, la sintesi del binomio luce-colore, come in un quadro di Mirò, ma, questa volta violentemente tangibile grazie alla materialità della pietra lavica sulla quale il colore acquisisce la terza dimensione. Suppellettili e arredi sono volutamente semplici, non prendono troppo la scena, richiamano l’essenza dell’arte povera, del pueblo ed esaltano ogni ambiente in cui sono disposti. La mobilia è assemblata ad incastro, non vi è nemmeno un chiodo, le ceramiche e i mosaici provengono dagli altopiani messicani.

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Luis Barragàn: l’opera d’arte e il manufatto architettonico

La straordinarietà di un’opera architettonica che diventa arte è un evento che si può verificare solo nel caso in cui il progettista/autore possiede il dono di cogliere il quid del tutto, amalgamando in un’unica rappresentazione ogni aspetto della sua idea. Luis Barragàn, in ogni suo manufatto, ha dato forma ad un’estetica distintiva, sommando il sapiente estro dell’artigiano e il sapere arguto del conoscitore d’arte, sconvolgendo chiunque si sia soffermato, anche inconsapevolmente, a dare uno sguardo a quelle pareti colorate, a quelle alte torri oppure ai giardini, da lui curati, con accenti romantici. I suoi mezzi? Semplicità e chiarezza: mobili realizzati con tavole di legno, pavimenti in pietra locale, intonaci grezzi…

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Barragàn, grazie a Casa Gilardi, senza inutili filosofeggiamenti, ha elaborato un linguaggio unico e univoco, testimone di come il frutto dell’introspezione sia la più grande delle opere d’arte. In fondo l’uomo ha sempre amato la comodità e odiato tutto ciò che lo mette a disagio, come la forte luce oppure l’assordante contemporaneità, preferendo la penombra, il tacito rumore dell’acqua che si infrange silenziosamente contro una parete, esattamente ciò di cui è rappresentazione quest’opera. Dovremmo dare tutti libero sfogo al nostro “bisogno di penombra”! Luis Barragàn, ha dato calore al freddo gioco compositivo di volumi modernisti, strappando un sorriso, che rassicura e rilassa come un tramonto a fine giornata. Si dovrebbe praticare l’architettura così: dandole quel brio, quella vibrazione accattivante, lasciandola semplice e pura, e incoronandola opera d’arte! Casa Gilardi è la concretizzazione di un percorso purificatore che assume forma e significato sempre diverso, a seconda dello stato d’animo con cui si attraversano gli ambienti.

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Barragàn ha dato vita a questo monumento architettonico solo dopo avere studiato i concetti fondamentali del Movimento Moderno, ma li ha fatti suoi. Ha personalizzato l’eccessiva asetticità di spazi troppo o bianchi o troppo neri, aggiungendoci il suo quid: l’anima! Luis Barragàn ha infuso, alla massiccia materialità di setti e tramezzi, l’essenza di un popolo, della sua cultura, la sensibilità grazie alle quali, l’essere umano, poggiando lo sguardo, riesce a leggere se stesso, ma anche la storia di una terra.

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